Il fegato è uno degli organi più grandi del nostro corpo ed è molto importante per la nostra salute in quanto depura il sangue, aiuta a combattere le infezioni, produce importanti proteine, immagazzina vitamine, zuccheri, grassi e altri nutrienti dal cibo che si assume. Il fegato scompone l’alcol, le droghe e altre sostanze tossiche che possono danneggiare il nostro organismo.
La malattia di fegato rappresenta, in ordine di frequenza, il secondo problema di salute che può derivare dal deficit di Alfa1 Antitripsina (DAAT).
Come compare la malattia epatica nel Deficit Alfa-1 Antitripsina?
La proteina Alfa1 Antitripsina è una molecola prodotta principalmente dalle cellule che costituiscono il fegato, gli epatociti: all’interno di queste cellule avvengono i processi di sintesi e di assemblaggio che portano alla formazione della proteina, la quale viene poi riversata al di fuori della cellula, nel sangue.
Quando è presente una mutazione genetica, la molecola di AAT viene prodotta in forma “mutata”, cioè con una forma diversa da quella normale e funzionalmente alterata. Mentre normalmente (in individui con genotipo MM) la proteina viene secreta nel sangue e trasportata fino ai polmoni, in caso di mutazione la proteina non può abbandonare il fegato, ma permane negli epatociti (all’interno di una struttura denominata reticolo sarcoplasmatico). In questa sede, le diverse molecole polimerizzano (cioè si legano le une alle altre) e formano dei polimeri, che sono il fattore che a lungo andare causa un danno al fegato. Per questo motivo, la malattia del fegato insorge solo nel caso in cui la molecola di AAT, dopo essere stata prodotta, non venga rilasciata nel sangue periferico, ma si accumuli e polimerizzi nelle cellule epatiche. Grandi quantità di proteina AAT vengono, quindi, accumulate all’interno delle cellule del fegato e di conseguenza gli epatociti tendono ad ingrossarsi, entrando in una situazione di sofferenza perdendo le loro corrette funzioni.
È stato dimostrato che nella forma omozigote (presenza di due varianti alleliche mutate uguali nello stesso individuo), circa l’80-90% delle molecole di AAT prodotte non viene rilasciato nel circolo periferico e si accumula negli epatociti come descritto. Nel sangue periferico, pertanto, i livelli di AAT arrivano ad essere solamente il 10-15% dei valori normali.
Solo alcune varianti patologiche di AAT possono determinare una malattia epatica e tra queste le più frequenti sono la Z e la Malton (quest’ultima una variante più rara). Altre varianti patologiche (come la variante allelica S), pur essendo alterate, riescono ad essere secrete dal fegato nel sangue: questo comporta l’assenza di malattia epatica, ma solamente di un’eventuale malattia polmonare.
Quanto è frequente?
La presenta di deficit di Alfa1 Antitripsina non necessariamente conduce allo sviluppo di malattia del fegato. Tra i neonati che hanno una mutazione omozigote (cioè entrambi gli alleli mutati, come ad esempio ZZ), circa in uno su venti si sviluppa, nel primo anno, una malattia del fegato che può poi essere evolutiva (cioè può andare incontro ad aggravamento). Una percentuale superiore di bambini potrebbe manifestare, agli esami del sangue, dei valori alterati degli enzimi epatici oppure presentare alcuni sintomi di malattia epatica. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le anomalie del fegato si risolvono quando il bambino raggiunge l’adolescenza e molti bambini ZZ rimangono completamente sani.
Anche gli adulti con DAAT possono sviluppare malattia epatica, con una prevalenza massima pari al 15% nella sesta decade di vita. Possiamo comunque dire che, in generale, solo il 10-20% dei soggetti con variante AAT omozigote (o eterozigote composta, che nel complesso comportano deficit grave) svilupperanno la malattia nell’arco della loro vita. Il rischio di malattia cornica nei portatori eterozigoti semplici (come, ad esempio, MZ) è molto inferiore a quello delle persone con deficit grave. Il rischio di sviluppare la malattia epatica è fortemente incrementato in presenza di altri cofattori di danno epatico e tra questi i principali sono rappresentati dal consumo di alcol, dalla steatosi epatica, dall’accumulo di ferro nel fegato (emocromatosi), dall’assunzione di certi farmaci o droghe.
Come si presenta la malattia epatica nel Deficit Alfa-1 Antitripsina?
La malattia che deriva dal coinvolgimento del fegato prende il nome di epatopatia, che in realtà corrisponde ad un’ampia varietà di condizioni che dipendono dall’entità del danno epatico. Si va dalle più semplici (come l’alterazione dei livelli di transaminasi) alle più gravi (come la cirrosi epatica).
Il deficit congenito di AAT può determinare diversi quadri clinici a livello epatico: epatite neonatale, cirrosi epatica infantile, epatite cronica, cirrosi epatica nell’adulto e carcinoma epatico primitivo.
Nei bambini, il DAAT è, insieme all’atresia delle vie biliari, la causa più comune di malattia congenita del fegato. Il neonato con deficit di AAT e malattia epatica può sviluppare un colorito giallastro della cute (ittero) e un ingrandimento nelle dimensioni di fegato e milza (epato-splenomegalia) associati ad un incremento delle transaminasi (enzimi epatici la cui presenza indica un danno al fegato). L’epatite neonatale si manifesta da una a sei settimane dopo la nascita ed ha caratteristiche cliniche del tutto sovrapponibili ad altre forme di epatite neonatale con causa differente. Le manifestazioni di malattia regrediscono in poco tempo nella maggioranza dei casi; solo pochi bambini presentano un’epatopatia persistente o progressiva che tende ad evolvere a cirrosi epatica, con relative complicanze. Negli adolescenti è possibile osservare frequentemente la remissione spontanea e persistente del danno epatico.
Nell’adulto, il deficit di AAT si può manifestare con epatite cronica con tendenza all’evoluzione in cirrosi e/o con carcinoma epatico primitivo.
L’epatite cronica è uno stato infiammatorio cronico del fegato che non pregiudica la normale funzionalità dell’organo: in corso di epatite cronica, infatti, il fegato è in grado di svolgere normalmente tutte le proprie funzioni. Tipicamente, l’epatite cronica decorre priva di sintomi e può essere sospettata solo tramite esami del sangue, che evidenziano un incremento dei valori degli enzimi epatici (AST e/o ALT e/o GGT). Il rischio importante è che, nel corso degli anni, lo stato infiammatorio cronico che caratterizza l’epatite cronica determini una sofferenza tale dell’organo da favorirne l’evoluzione a cirrosi epatica, caratterizzata dalla progressiva perdita di capacità del fegato a svolgere le proprie funzioni.
La cirrosi epatica determina, al contrario dell’epatite cronica, la comparsa di sintomi che si manifestano, tuttavia, solo nella fase avanzata della malattia: tra questi, i più frequenti sono rappresentati da un aumento delle dimensioni dell’addome (ascite, dovuta a ritenzione di liquidi), gonfiore alle caviglie (edemi periferici), ittero, riduzione del numero di piastrine nel sangue (e di conseguenza tendenza ad avere emorragie principalmente a livello di cute, naso e apparato digerente) e da comparsa di confusione e rallentamento psichico per accumulo nel sangue di sostanze tossiche che il fegato non è più in grado di eliminare.
Nei soggetti che convivono per tempi prolungati con questa condizione di cirrosi epatica si riscontra, inoltre, un aumento della probabilità di insorgenza di tumore al fegato (epatocarcinoma).
Come si diagnostica la malattia epatica nel Deficit Alfa-1 Antitripsina?
Il procedimento diagnostico che permette di rilevare, in un individuo, il DAAT è approfondito alla pagina Come si diagnostica?. In questa sede si descrivono i test che permettono, invece, di rilevare un danno epatico.
Per valutare l’eventuale presenza di danno epatico, è necessario effettuare, sul prelievo di sangue, il dosaggio delle transaminasi e della gamma glutamiltransferasi (GGT): se queste ultime sono nei limiti di norma, si può presumibilmente escludere la presenza di un danno al fegato. È buona norma ripetere periodicamente il dosaggio delle transaminasi e della GGT (con cadenza definita dal medico) al fine di escludere modificazioni del quadro clinico. È, inoltre, buona norma effettuare una diagnosi differenziale dell’ipertransaminasemia escludendo altre cause di malattia cronica epatica come le epatiti croniche virali B e C, la steatoepatite non-alcolica, l’epatite alcolica, l’emocromatosi, il morbo di Wilson, l’epatite autoimmune ed il morbo celiaco.
È consigliabile eseguire un’ecografia addominale al momento della diagnosi e poi periodicamente (in base alle indicazioni fornite dal medico): questo esame ci fornisce informazioni in merito ad eventuali modificazioni delle caratteristiche morfologiche del fegato correlabili alla presenza di epatopatia. Nei Centri che l’hanno a disposizione, risulta particolarmente utile effettuare anche il Fibroscan, un esame molto semplice che permette di ottenere una stima grossolana del grado di danno epatico, e di monitorarlo poi nel tempo.
La biopsia epatica è raramente necessaria per fare la diagnosi di una malattia del fegato dovuta a DAAT, anche se può essere utile per scoprire quanto è grave la malattia del fegato e per escludere con certezza altre cause della malattia del fegato. La biopsia è, però, indispensabile per valutare la presenza di eventuali accumuli di AAT, che tramite opportune colorazioni acquisiscono aspetto particolare che ne consente l’identificazione (la colorazione porta all’evidenziazione dei cosiddetti corpi PAS-positivi).
I soggetti affetti da malattia epatica secondaria a DAAT devono effettuare un follow-up specialistico con visita epatologica, esami ematici, ecografia addominale e fibroscan con cadenza stabilita dal medico epatologo.
Per approfondire
Per approfondire gli argomenti riguardanti la malattia epatica secondaria al deficit di Alfa1 Antitripsina consulta il nostro opuscolo:
L’esigenza di questo libretto è nata dalla necessità di conoscere e comprendere quali siano i possibili rischi di danno del fegato nei pazienti affetti da deficit di Alfa1 Antitripsina (AAT). Conoscere in modo più approfondito la propria condizione di salute, significa poter prevenire e, se è poi necessario, curare, con l’obiettivo di prolungare il benessere e la qualità della vita.
I moderni e talora scorretti stili di vita hanno condizionato un aumento dei fattori che danneggiano il fegato (alimentazione scorretta e obesità, virus epatitici, abuso di alcol, di farmaci, di droghe, sedentarietà), riflettendosi in un rischio maggiore di danno epatico se associati anche a deficit di AAT.
Una più approfondita analisi di che cos’è il deficit di AAT e delle eventuali alterazioni cellulari epatiche esistenti consentirà di capire perché il fegato va indagato presto, al fine di scoprire in anticipo questa rara condizione e quanto sia importante lo screening dei familiari per iniziare precocemente un’azione preventiva in grado di ritardare o evitare la successiva compromissione polmonare.
La sezione con il glossario dei termini medici aiuterà ad interpretare le indagini strumentali e di laboratorio richieste per arrivare alla diagnosi di malattia epatica. Infine, in presenza di malattia epatica iniziale o evoluta, scopriremo quali siano i sintomi di allarme, le possibili complicanze e la loro gravità e le relative terapie attualmente disponibili.
Un sentito ringraziamento alle Dr.sse Federica Benini, Giovanna Lanzani e Cristina Paterlini.